Il fanciullino Pascoli, riassunto e analisi dell’opera

Il Fanciullino di Giovanni Pascoli è un saggio in cui l’autore spiega nel dettaglio la sua visione della poesia concentrandosi sulla figura del fanciullino, l’unico che con i suoi occhi puri, la sua ingenuità e il suo istinto è in grado di penetrare profondamente nella realtà che lo circonda per trovarvi cose nuove e legami inaspettati. Pascoli è conosciuto soprattutto per questa visione del mondo, quindi il riassunto sul fanciullino proposto di seguito vi permetterà di comprendere a fondo anche gran parte della sua opera. Veniamo subito al dunque.

Il fanciullino, riassunto per capitoli del saggio di Pascoli

Un riassunto per capitoli del Fanciullino non può che partire da alcune informazioni basilari: si tratta di un saggio, il più importante di Pascoli, diviso in venti capitoli e pubblicato per la prima volta nel 1897. Non si tratta dell’unico saggio del poeta: negli ultimi anni di attività infatti Pascoli si è dedicato intensamente alla saggistica e alla critica letteraria studiando tra gli altri Friedrich Nietzsche, Giacomo Leopardi e Alessandro Manzoni, e commentando l’opera di Dante Alighieri. Ma veniamo al saggio Il fanciullino.

L’idea centrale è che in ognuno di noi è nascosto un bambino; crescendo però l’essere umano smette di dare ascolto a questa voce interiore che i poeti invece riescono a sentire. Proprio tale voce permette loro di guardare la realtà con gli occhi ingenui di chi scopre tutto per la prima volta, come i bimbi. Quella del fanciullino è per questo la poetica dello stupore, visto che i bimbi reagiscono con meraviglia dinanzi alle cose del mondo. Vediamo ora i capitoli principali del saggio.

Primo capitolo: “È dentro noi un fanciullino”

Nel primo capitolo Pascoli esordisce dichiarando apertamente che “È dentro noi un fanciullino”: la voce interiore quindi non appartiene a pochi perché è in tutti, anche quando cresciamo. Il poeta lo sottolinea poco dopo quando spiega che “noi cresciamo, ed egli resta piccolo […] arrugginiamo la voce, ed egli fa sentire tuttavia e sempre il suo tinnulo squillo come di campanello”. Insomma la voce cambia, diventa più matura, ma quella del fanciullino resta squillante.

Su tale aspetto Pascoli si sofferma in più righe spiegando che quando diventiamo adulti siamo “occupati a litigare e perorare la causa della nostra vita, meno badiamo a quell’angolo d’anima d’onde esso risuona”; è come se dimenticassimo quindi quella voce interiore a causa dei problemi della vita di tutti i giorni. Eppure, spiega il poeta, “se uno avesse a dipingere Omero, lo dovrebbe figurare vecchio e cieco, condotto per mano da un fanciullino, che parlasse sempre guardando torno torno”.

Terzo capitolo: il comportamento del fanciullino

Il terzo capitolo si sofferma sul rapporto del fanciullino con il mondo esterno mettendone in evidenza l’ingenuità e la purezza; il poeta scrive che “i segni della sua presenza e gli atti della sua vita [del fanciullino, ndr] sono semplici e umili”. Il fanciullino è quello “che ha paura del buio”, “che alla luce sogna o sembra sognare, ricordando cose non vedute mai”, è colui che “parla alle bestie, agli alberi, ai sassi, alle nuvole, alle stelle: che popola l’ombra di fantasmi e il cielo di dei”. Il comportamento del fanciullino insomma è puro e ingenuo, istintivo, nient’affatto paragonabile a quello degli adulti.

Il suo è un atteggiamento inconciliabile con la vita dei grandi, anche se Pascoli spera che tutti, a qualsiasi età, sappiano mettersi in contatto con la propria voce interiore che non smette mai di parlare. Il poeta scrive che il fanciullino “ci fa perdere il tempo, quando noi andiamo per i fatti nostri, ché ora vuol vedere la cinciallegra che canta, ora vuol cogliere il fiore che odora, ora vuol toccare la selce che riluce”. Da notare i numerosi riferimenti alla natura, che è un elemento essenziale della poetica pascoliana, ad esempio in raccolte come Myricae, la prima del poeta.

Nel terzo capitolo compare un chiaro riferimento alle corrispondenze tra le cose, ai nuovi legami che il fanciullino è in grado di osservare e creare attraverso il suo sguardo: Pascoli scrive infatti che “Egli scopre nelle cose le somiglianze e relazioni più ingegnose. Egli adatta il nome della cosa più grande alla più piccola, e al contrario. E a ciò lo spinge meglio stupore che ignoranza, e curiosità meglio che loquacità”. Il fanciullino insomma ha un linguaggio tutto suo non per ignoranza ma perché si stupisce dinanzi al mondo che osserva continuamente. Ed è proprio questo spirito d’osservazione che ne fa una personalità curiosa: il suo continuo parlare non dipende dalla loquacità ma dalla curiosità che caratterizza generalmente i bimbi.

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Pascoli prosegue con una domanda, “C’è dunque chi non ha sentito mai nulla di tutto questo?”, convinto che il fanciullino sia in tutti ma che professori, banchieri, contadini, operai ecc. non riescano più a sentirlo perché troppo presi dai problemi di tutti i giorni. “Ma in tutti è, voglio credere”, sottolinea tuttavia a un certo punto.

Quarto capitolo: il linguaggio degli oratori e del fanciullino

Nel quarto capitolo il poeta mette a confronto l’arte degli “oratori”, abili a usare la propria capacità comunicativa per raggiungere i propri scopi, e il linguaggio del fanciullino invece istintivo e innocente. Il poeta si rivolge al bambino esaltandone proprio queste peculiarità: “Tu no, fanciullo: tu dici sempre quello che vedi come lo vedi. Essi [gli oratori, ndr] lo fanno a malizia! […] Tu illumini la cosa, essi abbagliano gli occhi. Tu vuoi che si veda meglio, essi vogliono che non si veda più”. Diventa ancor più chiaro quando scrive che “Il loro […] è il linguaggio artifiziato d’uomini scaltriti [furbi, ndr], che si propongono di rubare la volontà ad altri uomini non meno scaltriti; il tuo è il linguaggio nativo di fanciullo ingenuo”.

Quinto capitolo: il fanciullino e i “primi uomini”

Nel quinto capitolo Pascoli paragona il fanciullino ai “primi uomini” che “non sapevano niente” ma che “sapevano quello che sai tu, fanciullo”. Ancora una volta insomma il poeta sottolinea l’istintività e la purezza, l’ingenuità del bimbo che, come l’uomo “dei tempi scorsi”, si meraviglia di tutto.

Il poeta esorta il fanciullino a non cambiare: a un certo punto del capitolo infatti lo invita a fare “come tutti i bambini”. “Tu – prosegue – sei antichissimo, o fanciullo! E vecchissimo è il mondo che tu vedi nuovamente!”. Lo sguardo ingenuo del fanciullo insomma è l’unico mezzo attraverso il quale si può osservare davvero il mondo. E non si può far poesia, conclude il poeta, senza considerarlo: “Sappiate che per la poesia la giovinezza non basta: la fanciullezza ci vuole!”.

Il fanciullino, analisi dei temi principali

Un’analisi dei temi principali della poetica del fanciullino non può che riportarci alla vita di Pascoli: gran parte della sua produzione e del suo pensiero è stata influenzata dai lutti subiti, prima fra tutti la morte del padre il 10 agosto 1867, a cui ha dedicato anche una delle sue poesie più note, X agosto, e che hanno lentamente disgregato il suo nido famigliare.

Proprio con gli occhi del fanciullino Pascoli affronta temi come la morte e l’assassinio del papà Ruggero, il ricordo dei defunti e dell’infanzia incontaminata dalla sofferenza, il dolore per la disgregazione del suo nido ecc. Tutto con la forte presenza della natura che fa da sfondo a molte liriche e si carica di significati nuovi: si pensi ad esempio al senso di abbandono e solitudine dei campi di Lavandare. La natura è comunque ambigua poiché da una parte è consolatoria ma dall’altra è piena di misteri.

La poetica del fanciullino: le principali figure retoriche

La visione del mondo di Pascoli e il rapporto del fanciullino con la realtà cambiano profondamente la poesia che è influenzata dal Simbolismo francese: essa infatti è generalmente ricca di simboli dietro ai quali si nascondono le nuove relazioni, segrete, colte dal bimbo.

Il linguaggio di Pascoli è analogico: siccome il fanciullino guarda il mondo con occhi ingenui e puri, pieni di meraviglia e stupore, non può che creare nuove corrispondenze e relazioni tra le cose superando la realtà percepita normalmente. La poesia si fa quindi intuitiva e spontanea, e abbonda di figure retoriche che permettono di instaurare paragoni, confronti ecc. Esse sono principalmente la metafora e la similitudine, la sinestesia, a cui si aggiungono i procedimenti fonosimbolici (cioè che associano certi suoni a determinati significati), l’onomatopea prima fra tutti ma non solo. Spesso sembra che Pascoli dipinga dei quadri con le parole e le immagini evocate: si parla in effetti di impressionismo.

Per completezza ricordiamo che nella sua produzione Pascoli alterna vari tipi di lessico, da quello aulico, cioè ricercato, a quello colloquiale, e ricorre a termini tecnici e scientifici quando descrive le specie animali e vegetali, anche a parole straniere se necessario.

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Il fanciullino e il superuomo nel Decadentismo: analogie e differenze

Pascoli e D’Annunzio sono i massimi rappresentanti del Decadentismo italiano, a cui si aggiungono altri importanti autori come Antonio Fogazzaro. Il fanciullino e il superuomo nel Decadentismo sono dunque due concetti-chiave che caratterizzano profondamente la poesia di due autori imponenti. Esistono analogie e differenze? Sicuramente.

Anzitutto il fanciullino e il superuomo sono due reazioni diverse alla società che cambia, quella della Belle Époque, caratterizzata da numerose contraddizioni. Dinanzi a tali cambiamenti Pascoli, influenzato anche dai numerosi lutti, ripiega su sé stesso, si rifugia nella sua interiorità, ed entra in contatto con la sua parte più intima, non ancora contaminata dalle brutture del mondo. Il nido in questo senso è una sorta di protezione dall’esterno che dona sicurezza e tranquillità. D’Annunzio invece cerca di reagire alla nuova realtà nascondendo il suo disagio e cercando di apparire come colui che la domina e si eleva rispetto alla massa (distorcendo il concetto di superuomo di Nietzsche).

Riassunto brevissimo Il fanciullino con schema e mappe concettuali

Di seguito troverete un riassunto brevissimo del Fanciullino di Pascoli che si aggiunge agli schemi e alle mappe concettuali che trovate in apertura del paragrafo; il materiale vi potrà tornare utile per ripetere velocemente e avere un quadro generale sul poeta e sulla sua opera. Le mappe di Pascoli in PDF potete scaricarle qui.

La poetica del fanciullino di Pascoli è riassunta nel suo omonimo saggio, Il fanciullino, pubblicato per la prima volta nel 1897. Composto da venti capitoli, il saggio non è l’unico che il poeta scrive ma è comunque il suo lavoro più importante, in cui rende chiari la propria visione del mondo e il proprio modo di fare poesia.

Secondo Pascoli il fanciullino è in tutti gli uomini sin dalla tenera età ma, crescendo, nessuno ne ascolta più la voce. Egli osserva le cose del mondo con grande meraviglia: ecco perché la poesia pascoliana è anche definita poesia dello stupore. Il poeta invita tutti a dare ascolto a tale voce interiore, a rapportarsi alla realtà come se fosse la prima volta.

Il fanciullino interpreta il mondo con purezza e ingenuità, vi si approccia con l’istinto e non con la ragione, a differenza degli adulti che hanno smesso di ascoltare la loro parte più intima in quanto sopraffatti dai problemi della vita di tutti i giorni. Il poeta tuttavia è convinto che solo ascoltando il fanciullino che è in tutti noi si possa vivere davvero e si possa trovare rifugio dalle brutture del mondo.

Il fanciullino è il modo in cui Pascoli reagisce alla società che stava cambiando e alle sofferenze della propria vita, segnata profondamente dalla morte a partire dall’assassinio del padre Ruggero. L’altro decadentista per eccellenza, Gabriele D’Annunzio, reagisce invece con un atteggiamento opposto: non ripiega su sé stesso e non si rifugia nella propria interiorità ma nasconde il disorientamento dinanzi ai cambiamenti sociali cercando di dominare la realtà ed elevarsi dalla massa come fosse un “superuomo”.

Attraverso gli occhi del fanciullino Pascoli affronta i temi ricorrenti della sua opera, a partire da quelli che caratterizzano Myricae, la sua prima raccolta poetica: il dolore e la sofferenza per la morte dei cari, il ricordo dei defunti e dell’infanzia priva di dolore, la disgregazione del nido famigliare ecc.

Il fanciullino plasma anche il modo di fare poesia, quello tipico del Simbolismo francese che influenza profondamente Pascoli: le nuove relazioni tra le cose e i misteri che la realtà nasconde sono generalmente messi in evidenza da un linguaggio analogico fatto di metafore e similitudini, sinestesie e procedimenti fonosimbolici in grado di evocare nuove sensazioni visive e uditive.

Test e verifiche sul Fanciullino di Pascoli

Il test sul Fanciullino che trovate qui di seguito vi permetterà senz’altro di capire il vostro livello di conoscenza; se non vi basta abbiamo preparato altre verifiche sul poeta che vi torneranno utili per mettervi alla prova. Buona fortuna!

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Test letteratura italiana

Il Fanciullino, Giovanni Pascoli

Quanto conosci il pensiero di Pascoli?

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1. Il fanciullino nasce anche come reazione ai cambiamenti sociali di fine Ottocento

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3. Nel terzo capitolo del Fanciullino Pascoli scrive che “ci fa perdere il tempo, quando noi andiamo per i fatti nostri, ché ora vuol vedere la cinciallegra che canta, ora vuol cogliere il fiore che odora, ora vuol toccare la selce che riluce”. Il poeta intende dire che

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4. Il fanciullino è

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5. Le parole "È dentro noi un fanciullino”

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6. Pascoli invita ad ascoltare il fanciullino che è dentro a ogni essere umano, anche negli adulti

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7. L'unico saggio che Pascoli scrive è Il fanciullino

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8. Il fanciullino non ha nulla a che vedere con il Simbolismo francese

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9. Si può sostenere che Il fanciullino 

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10. La visione del mondo di Pascoli, che osserva con gli occhi del fanciullino, rende il linguaggio

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