L’infinito riassunto: analisi, parafrasi, figure retoriche

L’Infinito è il primo dei piccoli idilli scritti da Giacomo Leopardi. Si tratta della sua poesia più famosa con la quale, non per niente, si è soliti identificare il poeta. In questa guida troverete l’analisi del testo e il commento dei temi principali, dei cenni alla metrica e alle figure retoriche più significativa, infine una spiegazione facile e breve per avere a portata di mano le informazioni principali: un riassunto dell’Infinito insomma che vi tornerà senz’altro utile per comprenderlo, studiare e ripetere in vista di compiti e interrogazioni.

L’infinito di Leopardi riassunto: commento semplice dei temi principali

Il riassunto dell’Infinito di Leopardi non può che partire da due elementi fondamentali dell’opera del poeta: l’idillio e il pessimismo.

L’idillio

Relativamente al primo esso è un componimento di origine greca in cui vengono raffigurati paesaggi naturali che fanno da sfondo, nel caso di Leopardi, a riflessioni sull’esistenza. Nella poesia infatti si raffigura il paesaggio del Monte Tabor (che sovrasta Recanati, citta natia dello scrittore) che permette di riflettere sulla vita degli uomini. Al riguardo va sottolineato che L’infinito fa parte dei Piccoli idilli e non dei Grandi idilli.

Il pessimismo storico

Il secondo elemento riguarda la poetica generale di Leopardi, quella del pessimismo, che in questa fase della vita del poeta, cioè quando egli è a Recanati e scrive la poesia, è definito “storico”; storico perché secondo Leopardi la causa dei mali dell’uomo è da cercare nella storia. Quest’ultima infatti mediante il progresso (e la ragione) ha allontanato l’essere umano dalla natura, la quale in una prima fase con le illusioni e l’immaginazione gli aveva permesso di vivere felice. In questa fase insomma la natura è ancora madre benigna (perché permette all’uomo di immaginare e illudersi) mentre è la storia, che con la sua ragione, è causa dell’infelicità.

All’inizio del componimento il poeta, assorto su un colle, il monte Tabor che sovrasta Recanati, osserva una siepe che limita il suo sguardo e che lo spinge a immaginare l’infinito e ad andare oltre alla realtà concreta del paesaggio. Quella dell’Infinito è una sorta di avventura dell’immaginazione di Leopardi (e degli esseri umani).

L’infinito di Leopardi parafrasi: di cosa parla la poesia

La parafrasi dell’Infinito vi permetterà di capire di cosa parla la poesia e di come sono stati espressi i temi principali della poetica leopardiana. Veniamo al dunque.

Mi sono sempre stati cari questo colle solitario / e questa siepe, che buona parte / dell’orizzonte più lontano esclude dal mio sguardo. / Ma stando seduto e osservando [mi immagino] infiniti / spazi oltre essa [la siepe], e sovrumani / silenzi, e una pace profondissima / a tal punto che per poco / non mi spavento. E quando il vento / sento soffiare tra queste piante io quel / silenzio infinito a questo suono [lo stormire del vento tra le piante] / vado paragonando: / e così mi sovviene l’eternità, le ere passate, e la presente / e viva [era], e il suo suono [quello dell’era, ndr]. Così in questa / immensità annega il mio pensiero: / e naufragare è dolce in questo mare.

Analisi del testo L’infinito di Leopardi

Cominciamo l’analisi dell’Infinito sottolineando che la poesia può essere divisa in due sequenze: la prima fino a parte del verso 8 (ove per poco / il cor non si spaura) e la seconda fino a parte del verso 13 (e il suon di lei). A queste due sequenze segue la conclusione che termina con il celebre quindicesimo verso e il naufragar m’è dolce in questo mare.

In entrambe le sequenze si contrappongono i piani della realtà e dell’immaginazione. La realtà è rappresentata da stimoli di tipo visivo, ad esempio dall’“ermo colle” e dalla “siepe” mentre l’immaginazione si nota in alcune espressioni come “mi fingo”, quando il poeta scrive “io nel pensier mi fingo”, cioè ‘immagino [usando la fantasia]’. L’infinito in questa sequenza va inteso in senso spaziale, come si nota ad esempio in “interminati spazi”.

Nella seconda sequenza si contrappongono sempre realtà e immaginazione; tuttavia in questo caso gli stimoli non sono visivi ma uditivi: si legge infatti di “stormire del vento”, di “silenzio”, “voce”. L’aspetto immaginativo è strettamente legato all’infinito inteso non in senso spaziale bensì temporale, come si nota nelle espressioni “l’eterno”, “le morte stagioni” ‘le ere passate’.

In tutta la lirica si nota inoltre che la realtà finita e l’infinito di quest’avventura dell’immaginazione sono talvolta vicini a Leopardi (“quest’ermo colle”, “queste piante”) talaltra lontani (“quella [la siepe]”, “quello infinito silenzio”). In tutti i casi il lessico e le immagini della poesia tendono a rievocare qualcosa di vago e indeterminato, come Leopardi voleva fosse la sua poesia, per consentire al lettore di immaginare (e l’immaginazione, in questa fase del pessimismo leopardiano, quello storico, è l’unica via per la felicità).

L’inizio e la fine dell’Infinito hanno due motivi opposti: il poeta è passato infatti da una realtà concreta, quella dell’“ermo colle” dell’inizio, a una dimensione immaginaria, quella del “naufragar” e di “questo mare” della conclusione.

L’infinito figure retoriche e metrica: gli aspetti formali della poesia

Qui di seguito troverete dei cenni a figure retoriche e metrica dell’Infinito, in parte collegate ai contenuti della poesia.

La poesia è stata scritta in quindici endecasillabi sciolti, cioè non in rima, che in genere permettono maggiore libertà. La sintassi è semplice ed elementare: è tendenzialmente paratattica, visto che sono presenti poche subordinate, e l’ordine delle parole è quello naturale, anche se in alcuni casi compaiono degli iperbati come in “Ma sedendo e mirando, interminati spazi […] io nel pensier mi fingo”; in questo caso l’ordine naturale della parole avrebbe dovuto essere “Ma sedendo e mirando io nel pensier mi fingo interminati spazi […] e profondissima quiete”.

Riguardo alla sintassi è importante soffermarsi sulla presenza dei numerosi enjabement che spezzano le pause del verso: ne sono un esempio “che da tante parte / de l’ultimo orizzonte il guardo esclude”, “interminati / spazi”, “sovrumani / silenzi”. La frase che si spezza nel verso successivo, e in generale le parole che dovrebbero stare nello stesso verso ma che al contrario sono distribuite in due versi, sono comparabili all’infinito che supera i limiti del finito.

L’idea dell’infinito è richiamata in parte anche dai suoni della poesia, quindi da alcuni aspetti fonetici: si pensi ad esempio alla forte presenza della vocale a che in genere evoca un senso di ampiezza.

Parole chiave L’infinito di Leopardi: spiegazione facile e mappe

In ultima battuta soffermiamoci sulle parole chiave dell’Infinito di Leopardi: vi permetteranno di avere a portata di mano una spiegazione facile da leggere per ripetere velocemente la poesia.

Anzitutto la poesia è un idillio (quindi è raffigurato un paesaggio naturale) e fa parte della produzione poetica del pessimismo storico (quando cioè Leopardi credeva che fosse la storia con il suo progresso a causare l’infelicità umana). Il paesaggio che fa da sfondo alle riflessioni sull’esistenza è quello del monte Tabor che sovrasta Recanati. Dal paesaggio spicca la presenza del colle, su cui Leopardi è assorto, e della siepe, che ostacola la vista del poeta e gli permette di immaginare l’infinito.

Quella che si descrive nella poesia è una sorta di avventura dell’immaginazione che mescolando stimoli visivi e uditivi, realtà e fantasia, e mediante l’uso di un lessico vago, provoca sensazioni diverse nel poeta: da una parte infatti “per poco il cor si spaura”, dall’altra “il naufragare” nel “mare” dell’infinito è “dolce”.

All’inizio del paragrafo trovate una mappa dell’Infinito per DSA e sostegno nell’apprendimento, e più in generale materiali per potersi orientare al meglio nello studio di Leopardi e della sua opera.