Solo et pensoso i più deserti campi è un sonetto di Francesco Petrarca, il numero 35 del suo Canzoniere, anche noto con il titolo latino di Rerum vulgarium fragmenta (spesso abbreviato in Rvf). Si tratta di uno dei componimenti più noti e antichi di Petrarca, in cui si presenta un autoritratto del poeta mettendo in luce da un lato il suo desiderio di fuga e di isolamento, dall’altro l’ossessione amorosa che gli impedisce di trovare pace nella natura. Di seguito troverete un riassunto e una spiegazione dei principali contenuti del sonetto, la parafrasi del componimento e l’analisi del testo, con alcuni riferimenti alla metrica, allo stile e alle figure retoriche.
- Solo et pensoso i più deserti campi, riassunto breve strofe e spiegazione facile: di cosa parla il sonetto;
- Parafrasi Solo et pensoso i più deserti campi;
- Solo et pensoso i più deserti campi analisi del testo: i temi;
- Commento Solo et pensoso i più deserti campi: metrica, stile e figure retoriche;
- Perché si scrive et e non e ma si legge e?.
Solo et pensoso i più deserti campi, riassunto breve strofe e spiegazione facile: di cosa parla il sonetto
Prima del riassunto breve di Solo et pensoso i più deserti campi è bene sapere l’indispensabile sulla cronologia e sul rapporto del sonetto con tutta l’opera del Canzoniere: la poesia è stato scritto da Francesco Petrarca in una data anteriore al 1337 occupa la posizione numero 35 nella raccolta di componimenti dell’autore. Vediamo ora di cosa parla il sonetto con una spiegazione facile e chiara delle strofe.
Solo et pensoso è un autoritratto del poeta che si descrive mentre è alla ricerca di luoghi isolati per nascondere agli altri uomini la vista della sua condizione di innamorato. Il paesaggio circostante, descritto in maniera alquanto vaga ai vv. 9-10, diventa partecipe e complice della vicenda interiore del protagonista. La ricerca della solitudine e dell’isolamento sociale non determina, però, l’allontanamento da Amore il quale, come si esplicita nei versi conclusivi del sonetto, segue l’io lirico e dialoga con questi anche nei cammini più impervi e nelle vie più difficili da raggiungere.
Con questo sonetto Petrarca fissa i tratti dell’amante come un personaggio profondamente distante dai soggetti dello Stilnovismo, perché viene ritratto come sofferente, scontroso e incapace – pur fuggendo dagli altri uomini – di liberarsi dal tormento della sua passione.
Parafrasi Solo et pensoso i più deserti campi
Leggiamo ora la parafrasi di Solo et pensoso che vi tornerà utile non solo per gli esercizi a casa ma anche per comprendere a fondo il sonetto in vista di verifiche scritte o interrogazioni (nella parafrasi troverete la doppia barra verticale || a indicare l’inizio di una nuova strofa che non può esser divisa da quella precedente).
Solo e pensieroso percorro (vo mesurando) i campi meno frequentati con un’andatura lenta, e giro con gli occhi attenti (gli occhi … intenti) per evitare i luoghi dove i passi umani (vestigio human)abbiano segnato (stampi) il terreno (l’arena).
Non trovo altro riparo (schermo) per proteggermi (che mi scampi) dalla gente che si accorge del mio stato (di innamorato), poiché nei miei comportamenti privi d’allegria (atti d’alegrezza spenti) si legge da fuori (di fuor) come io arda dentro di me: || al punto che io ormai credo che i monti, le pianure, i fiumi e i boschi conoscano di che genere (tempre) sia la mia vita, che è nascosta agli uomini (altrui).
Eppure non riesco a trovare (cercar non so) cammini tanto impervi e selvaggi (aspre vie … selvagge) che Amore non venga sempre a parlare (ragionando) con me e io con lui.
Solo et pensoso i più deserti campi, analisi del testo: i temi
L’analisi del testo di Solo et pensoso non può che partire dai temi. Tre sono quelli principali che percorrono il sonetto che, come si è detto, si presenta come un autoritratto del poeta.
Il primo è la ricerca della solitudine come difesa dagli altri uomini e occasione di riflessione interiore. Nello specifico, con l’immagine dei primi versi Petrarca richiama il mito di Bellerofonte, narrato da Omero nell’Iliade e conosciuto per mezzo di Cicerone. Bellerofonte vaga in preda alla disperazione per la perdita dei figli fuggendo dai luoghi abitati dagli uomini. Ricorrendo al mito classico, Petrarca paragona la sua situazione soggettiva e autobiografica ad un’immagine mitica e universale, assolutizzandola.
Il secondo tema è il rapporto strettissimo tra soggetto e paesaggio circostante, che diventa un testimone privilegiato del travaglio interiore. La descrizione dell’ambiente che circonda l’io lirico è volutamente vaga perché descrive uno spazio mentale e non fisico: in altre parole, i luoghi che il poeta sta visitando sono una proiezione fisica della sua sofferenza interiore e partecipano al suo dolore.
Il terzo tema è l’interiorizzazione di Amore, che diventa una presenza costante e ossessiva nell’animo dell’io lirico. All’inizio del sonetto Petrarca dichiara la sua condizione di viandante solo et pensoso (v. 1), enfatizzando la sua ricerca di solitudine e introspezione. Nella chiusa del componimento, però, emerge prepotentemente la compagnia costante di Amore, dalla quale risulta assai difficile separarsi (ch’Amor non venga sempre / ragionando con meco, et io co llui, vv. 13-4). Questo sottolinea l’inseparabilità di Amore, che si qualifica come un pensiero dominante del poeta.
Commento Solo et pensoso i più deserti campi: metrica, stile e figure retoriche
Analizzati i temi, veniamo al commento su metrica, stile e figure retoriche: Solo et pensoso i più deserti campi presenta uno schema ABBA ABBA CDE CDE con rime incrociate nelle quartine e rima ripetuta nelle terzine. È composto da tre proposizioni. Due di esse occupano rispettivamente la prima quartina e la seconda terzina; le due strofe centrali invece sono costituite da un’unica proposizione complessa (come avete potuto notare dalle barre verticali che abbiamo usato).
La musicalità del componimento è accentuata da alcuni accorgimenti stilistici che riproducono il ritmo della meditazione interiore: la presenza di endecasillabi con accento sulla prima sillaba (vv. 1, 2, 4, 5, 9, 11), l’attenta organizzazione della sintassi e l’uso frequente di alcune figure retoriche che dilatano i limiti del verso e rendono il ritmo ampio e disteso. Di seguito si elencano e commentano le principali figure utilizzate.
In primo luogo, già dal primo verso appare evidente l’uso della dittologia, cioè dell’accostamento di due termini che talvolta sono sinonimi o quasi sinonimi (in quest’ultimo caso si parla di dittologia sinonimica): solo et pensoso (v. 1), tardi et lenti (v. 2), monti et piagge (v. 9), fiumi et selve (v. 10), aspre … selvagge (v. 12). In questa tendenza si iscrive anche la figura dell’antitesi in di fuor … dentro (v. 8) e spenti … avampi (vv. 7-8). Più in generale, il raggruppamento a due a due di sinonimi o antonimi (cioè di opposti) scandisce il ritmo binario dei passi del sonetto e l’opposizione fra immagini: si pensi a luoghi e stati d’animo differenti, come luoghi solitari vs luoghi abitati, fuori vs dentro, tristezza vs passione, eccetera.
In aggiunta a ciò, è importante notare il ricorso insistito all’enjambement che Petrarca utilizza ai vv. 1-2, 5-6, 9-10, 10-11, 12-13, 13-14) con lo scopo di dilatare i confini del verso.
Infine è significativa l’insistenza sulla vocale o che sembra riprodurre fonicamente la ricerca della solitudine e si realizza con alcune assonanze (sOlO, pensOsO, pOrtO, trOvO, cAmpI, pAssI, tArdI, stAmpI, scAmpI, etc.) e allitterazioni (SOlO et penSOSO i più deSerti … / … meSurando a paSSi).
Perché si scrive et e non e ma si legge e?
Da ultimo, è importante spiegare brevemente la presenza di et, da leggere come “e”: il Canzoniere di Petrarca è in parte autografo, cioè è tramandato da un manoscritto parzialmente scritto di suo pugno (autografo) e parzialmente corretto dallo stesso autore (idiografo). Il poeta prestava grande attenzione anche agli effetti e alla particolarità grafiche e utilizzava, come gli altri contemporanei, la forma latineggiante et (che si leggeva e, senza pronunciare t finale). Per questo motivo, tale grafia viene conservata ancora oggi in quasi tutte le principali edizioni del Canzoniere di Petrarca (ed è presente anche negli altri testi antichi della medesima epoca).